Un anno di mediazione di vicinato

La signora Irma, energica sessantenne, e la signora Giacomina (i nomi sono ovviamente di fantasia), quarantenne con tre figli, non si potevano proprio vedere. Eppure abitavano nello stesso condominio delle case popolari da cinque anni e in qualche modo dovevano pure convivere…
Non fosse per tutto il casino che facevano i figli della Giacomina, e anche i loro amici coi loro scooter, Irma avrebbe anche potuto tollerare… Ma così tante parolacce e quel gergo al telefonino, le scale sempre sporche…!
Non fosse per i bigliettini pieni di astio e critiche che la Irma disseminava nelle scale e in tutte le porte, con il chiaro intento di screditarla ed isolarla, Giacomina avrebbe anche potuto accettare la sua aria di superiorità, il fatto che per fare manovra in giardino aveva ormai rovinato l’erba…
Dopo aver ascoltato separatamente le due signore, e aver anche conosciuto i figli della Giacomina e il marito dell’Irma, più altri vicini di casa, ho organizzato un incontro congiunto.La Giacomina, ricontattata la mattina stessa, aveva terminato la telefonata con un poco rassicurante “mi raccomando, venga con la tuta antiproiettile”!
L’Irma aveva raccolto firme a suo favore ed era stanca di aspettare l’incontro sul quale non contava più di tanto, e poi “proprio alle otto di sera, ma che ora è?!”. “Mah, signora, è l’ora in cui la sua vicina finisce di lavorare”.
Arrivo alle otto spaccate. Di sotto non c’è nessuno. Suono i campanelli. La signora Giacomina mi invita a salire da lei, che sotto è freddo. Incontro Irma per le scale, e quando le dico che siamo stati gentilmente invitati a casa della sua vicina mi fa due occhi che mi dicono “ma come da lei?! Io a casa nel nemico?!”

A Marzo 2010 gli operatori del Villaggio Globale hanno ricevuto da ACER, l’istituto delle case popolari, l’incarico di gestire il servizio di Mediazione Sociale. Abbiamo uno sportello di incontro dove Irma, Giacomina ed altre duemila famiglie possono rivolgersi per problemi di vicinato. Li aiutiamo ad incontrarsi e a trovare accordi per convivere superando attriti e conflitti, e quindi facilitiamo il loro benessere. Li invitiamo a parlarsi e a capirsi, o almeno a prendere accordi, anziché denunciarsi spendendo tanti soldi e aspettando per anni la sentenza, logorando nel frattempo i rapporti, spesso in maniera irrimediabile. Non solo: spalleggiamo e stimoliamo il buon vicinato, fatto di feste tra vicini, ma anche di semplici cose come il saluto quotidiano, la conoscenza delle diverse culture, la cura degli immobili. E poi accompagniamo i nuovi assegnatari nelle loro case, presentandogli alcuni vicini, e spiegando loro il regolamento d’uso degli immobili. Un incarico stimolante, che ci porta a casa delle persone in situazione di difficoltà per instaurare rapporti di fiducia e di aiuto, ma soprattutto di responsabilità: vivere insieme rispettandosi e curare casa ed immobili comunali che sono responsabilità di tutti.
 

 
Riesco a rispondere allo sguardo della signora Irma con la più spiazzante delle mie smorfie… forse non lo sapete ma la mimica facciale è fondamentale per ogni buon operatore sociale. Entriamo e ad accoglierci la signora Irma ha il solito grugno, ma anche… una tavola apparecchiata con tè, caffè e pasticcini! Sospiro di sollievo: l’invito a casa non era un’imboscata!
E così inizio a parlare: “siamo qui perché siete due belle persone, siete entrambe ragionevoli e avete tante cose da dirvi per provare ad andare d’accordo…”. E piano piano iniziano a parlare, prima ciascuna guarda solo me, e faccio una bella fatica per farle parlare a turno, ripeto quello che dicono perché si ascoltino.
Poi iniziano a guardarsi, a dirsi le cose in faccia e con veemenza. Qui io mi metto in disparte e intervengo solo per chiamare i falli: “proviamo a parlare delle cose reali, non di congetture” oppure “questo le dà fastidio però capirà che fa parte della vita privata di un’altra persona, e non è connesso con i problemi di convivenza…”.
Dopo un’ora Giacomina accetta finalmente qualcosa da bere, dopo tante insistenze! Grande, sennò finiva che dovevo bere e mangiare tutto io per ringraziare la nostra ospite… Si prendono accordi concreti e ci si scambia consigli.
Ci si dice che bisogna anche essere tolleranti, che i ragazzini di oggi e quelli di quarant’anni fa è normale che siano diversi. “Prenda la televisione, quarant’anni fa nessuno si sarebbe mai azzardato di dire una parolaccia in TV, oggi sembra che se non litigano e non dicono schifezze non possano andare in onda! Anche a Giacomina piacerebbe che i suoi figli ne dicessero di meno, e glielo chiede, ma va anche considerato in quale contesto vivono…
Nello stesso modo i suoi figli possono capire che per Irma una parolaccia detta sotto la sua finestra è una cosa illogica, e che la fa stare male!”. Dopo un’altra mezz’ora inforco la bicicletta, ormai è tardi e freddo e ancora una volta torno a casa dopo cena… ma che soddisfazione questo scambio così utile e pratico!

La mediazione di vicinato contribuisce a relazioni più sane e forti, è un utile e reale aiuto che i servizi danno, rendendosi conto che l’enorme numero di cause civili tra vicini di casa che ingorgano i tribunali non è sostenibile, e soprattutto parla di una società malata di litigiosità, individualismo, fretta e diffidenza reciproca. La soluzione a questi problemi è di tipo culturale: per questo lavoriamo ad abitudini e prassi di rispetto, di ascolto e di vicinanza tra le persone. Ma soprattutto proviamo a diffondere la consapevolezza che il conflitto è una cosa normale, e che va riconosciuto e gestito con pazienza e creatività più che con la prevaricazione e la violenza fisica o psicologica. Passare ad altri gli strumenti della mediazione dei conflitti è la cosa più utile…
 
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